LE CENERI DEL CAMBIAMENTO

Articolo: Fabrizio Tomei. Foto:  Basil MK

Se c’è una cosa che è impossibile da eliminare nella vita come nel business è il CAMBIAMENTO.

Cambia il mercato, il trend, le generazioni. Tutto cambia. Nel caso del business, regola vuole che occorra saper gestire il cambiamento affinché questi non gestisca noi.

Il 2020 ha causato una brusca accelerazione di movimenti e di evoluzione lavorativa che esistevano già e che, in sordina, agivano affinché un domani nuovi lavori potessero nascere ed altri venissero a mancare.

Come abbiamo già mostrato in altri articoli, perfino nel momento più acuto della più recente crisi mondiale c’è stato qualcuno che ha saputo cavalcare l’onda delle nuove necessità e delle nuove tecnologie per far nascere la propria attività, che fosse partendo da zero o dalle ceneri di quella vecchia.

E proprio di ceneri in qualche modo vogliamo parlare oggi. Perché la pandemia non ha inventato nulla che non fosse già in movimento, e la crisi del “vecchio” modello lavorativo non consiste solo nello smartworking o nel food delivery.

Se è drammatico per una MPI dover affrontare una crisi e cercare disperatamente il proprio rinnovamento, pensate cosa deve significare per una multinazionale che ha più di 77 mila dipendenti in tutto il mondo quando, ben prima della pandemia si trova ad affrontare un mondo che con lentezza ma inesorabilmente, crede sempre di meno nei suoi prodotti.

È il caso della Philip Morris, multinazionale del tabacco seconda al mondo per potere di esportazione e owner del brand Marlboro.

UN PICCOLO RECAP:

A inizio ‘900, per quanto strano possa sembrarci oggi, le sigarette ricoprivano solo il 5% dei prodotti derivanti dal tabacco e in molti paesi non faceva ancora parte della cultura popolare.

Fu durante la prima guerra mondiale che le sigarette scesero a gamba tesa nel mercato dei prodotti di massa, andando a rifornire i soldati che combattevano in trincea e che da quel momento ne furono dipendenti.

Ma il più grande e potente alleato del mercato del tabacco fu il cinema. Grazie a campagne mirate di advertising, le compagnie di tabacco usarono l’allora giovane industria cinematografica per mettere in mano ai divi e alle dive dell’epoca i loro prodotti, creando un’associazione inscindibile nella testa degli spettatori tra i personaggi, le scene più emozionanti e le sigarette.

L’ERA DELLA SALUTE

Il matrimonio tra cinema e tabacco risultò essere tra i più riusciti e duraturi, ma niente è per sempre.

I primi sintomi si ebbero con il divieto di fumare nei luoghi pubblici chiusi, proseguendo poi con l’introduzione di scritte e simboli sui pacchetti di sigarette con l’intento di scoraggiarne l’acquisto.

Un ulteriore provvedimento prevedeva l’impossibilità per le case produttrici di tabacco di fare spot in televisione e al cinema, limite che la Philip Morris aggirò all’epoca facendo in modo che arredi e ambientazioni sul set fossero dipinti del rosso Marlboro in modo da creare nella gente un’associazione mentale inconscia.

Questi ultimi provvedimenti risultarono particolarmente inutili quindi, tuttavia rappresentarono un ulteriore tappa del percorso che avrebbe portato alla realtà di oggi, dove sempre più nel cinema e praticamente in assoluto sulle piattaforme social e di servizi di streaming come Netflix, il fumo è bandito e stigmatizzato.

In un mondo come quello di oggi dove il mercato del tabacco vive sostanzialmente sulle vecchie generazioni, le multinazionali hanno già cominciato a cercare soluzioni alternative all’estinzione.

Prima di rivelarvi la scelta della Philip Morris, provate a pensare: voi che cosa avreste fatto?

Siete al timone di una barca che esporta in 180 paesi ma che lo sta facendo sempre meno, e che vede una crescita continua di dazi e un aumento del comune senso di ripugnanza verso un prodotto che, si sa, causa tumori. E quindi morte.

Voi, che scelte avreste preso per non colare a picco nei prossimi decenni?

La scelta della multinazionale è stata un vero colpo di genio dal punto di vista del marketing: ha sposato la causa antifumo. Sul sito di Philip Morris Internacional campeggiano in bella vista le scritte: “Smoke – free life” e “PMI’s CEO Jacek Olczak shares his vision of a smoke-free future”.

Più chiaro di così.

Ma oltre a pubblicare un cambiamento così drastico di rotta, la multinazionale ha fatto di più.

Avete presente le sigarette elettroniche IQOS che riscaldano il tabacco anziché bruciarlo?

Ebbene, sono loro.

Questo rappresenta un caso da manuale del “abbracciare il cambiamento”, in questo caso con una svolta (solo apparente) di ben 180 gradi. Con questa mossa la Philip Morris ha fatto sì che, che si voglia fumare o smettere di fumare, si debba passare comunque da loro. IQOS è infatti l’acronimo di “I Quit On Smoking” ovvero smetto di fumare.

Così come la fenice risorge dalle sue ceneri, anche le sigarette elettroniche risorgono dalle ceneri delle loro più vecchie e malviste antenate, riposizionando un brand famigerato per la tossicità dei propri prodotti in un’ottica salutista.

L’operazione di Philip Morris non è stata casuale, fortunata o dettata da un timoniere particolarmente illuminato. Cambiamenti di rotta del genere sono sempre preceduti da studi di settore e previsioni di mercato che non lasciano spazio a dubbi. Oggi con Google e i social media si hanno certamente strumenti in più, ma poi si ha bisogno di professionisti di lungo corso che sappiano tirare le somme. Malgrado una multinazionale abbia indubitabilmente più risorse di una piccola azienda, anche quest’ultima, se ha coraggio, può riuscire ad affrontare il cambiamento mettendo in campo una visione del futuro che non lasci nulla al caso. Ma a volte non può farcela da sola.

A questo servono i professionisti che aiutano le aziende ogni giorno a reinventarsi, a cambiare, a migliorarsi.

Questo è il nostro lavoro, il nostro mestiere da sempre.